Visto il film in adolescenza, letto ora il libro “da mamma”, la storia mi ha colpita molto in entrambe le occasioni.
Dopo il libro avrei voluto stringere forte mia figlia, senza sapere cosa dire, soltanto per illudermi di poterla tenere con me un po’ più a lungo.
Berlino, anni ’70, cosa può fare un ragazzino di 12-16 anni se quando mette il naso fuori casa gli viene impedito di vivere la sua età? E se a casa trova un misero appartamento di due stanze e mezza e adulti troppo disillusi su una misera vita che non sa più dare sogni o speranze?
In questo ambiente è cresciuta Christiane, dove l’eroina gira molto più facilmente di quanto si pensi e con una madre tanto permissiva da essere quasi un’entità astratta.
Quando la protagonista capisce che il giro della droga la sta rovinando, prova a smettere, si disintossica inutilmente sei volte e ogni volta si scontra con delle istituzioni che non considerano conveniente provare a recuperare dei ragazzini dal destino segnato, soprattutto quando sono così giovani.
Si tratta di una storia vera e cruda, senza peli sulla lingua, scritta come se Christiane stesse parlando direttamente al lettore.
lo consiglio?
Si, lo consiglio a chi vuole capire cosa sta dietro alle scelte sbagliate, a chi (come me qualche tempo fa) pensa: “il drogato sa che si sta facendo del male, lo sapeva prima di iniziare, poteva starne fuori”, e infine ai ragazzi, in modo che capiscano a cosa si va incontro, perché a volte quel che sembra figo (o paraculo, come dice Christiane), in realtà non lo è.
Lo ricordo bene, letto nell’estate tra la terza media e la prima superiore, consigliato come libro di passaggio al liceo. Ricordo bene gli incubi che mi suscitò, come ricordo la pletora di casi umani narrati nel libro. Non macchiette, ma dramma riassunti in poche pagine.
Una scrittura chiara e netta, una descrizione senza pietismi.
Letto anche io da adolescente, uno dei primi libri che ricordo mi abbia fatto piangere.